lunedì 16 marzo 2009

La Garbatella

La ricordo com’era ieri.
Era tempo di guerra e ovunque
c’era paura, sospetto, ansia.
Io ero piccola e percepivo le cose o i fatti,
ma non li conoscevo. E di allora ricordo la gente genuina, garbata, allegra anche se consapevole di tante brutture.
Mi è rimasta la visione di gente certo non ricca, certo timorosa per gli eventi di allora, ma gente viva, partecipe di ogni cosa, interessata a tutti gli altri.
Anche agli “stranieri”, come eravamo considerati noi abitanti della palazzina dell’“Incis”.
Mi ricordo il loro modo vivo e gentile che ci consentiva di essere parte di loro.
Mi è rimasto impresso un contadino che al mercato vendeva, gridando a squarciagola, “Comprate patate: sono buone e belle. Comprate le mie patate. Guardate i miei figli come sono forti, come sono belli. Mangiano le mie patate! Compratele”.
Ma i figli erano solo scheletri spauriti.
Ma c’era in quell’uomo una fiducia nella vita, una forza tale che donava allegria e speranza dando un senso alla vita grama di allora.
Ecco la Garbatella, mi ricorda la paura, la fame, la tristezza per le cose brutte della guerra: i bombardamenti, gli spezzoni, il timore per i soldati, le “Fosse Ardeatine”. Ma anche la speranza, la fiducia, l’ottimismo della gente intorno che diceva: “Domani sarà bello, noi, voi, saremo vivi”.

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