Giò era alto e bruno, focoso e tenebroso.
Michele era allegro, spensierato, felice.
Domenico era accattivante, pensieroso e sapeva il fatto suo.
Per primo mi invitò a ballare Giò. Mi stringeva forte. Si sentiva il padrone del mondo. Io ero una ragazzina e dalla festa pretendevo solo un po’ di allegria.
Poi Michele, con un inchino, mi trascinò in un valzer, ridendo e sorridendo di tutte le cose che dicevamo.
Infine Domenico ballò con me tutti i balli lenti, tremando quasi.
In un ultimo, focoso tango, Giò si dichiarò: mi voleva sposare subito.
Michele, invece, decise che voleva conosce tutti i miei amici di Roma.
Domenico, stringendomi piano, mi chiese sussurrando se poteva farmi “la corte”!
Li avevo conosciuti un’ora prima…
Giò, al mio no divertito, si offese e non mi degnò più di uno sguardo.
Michele si fece promettere di rivederci tutti i giorni e alla mia promessa “Se capita…”, si arrese, soddisfatto.
Domenico mi chiese se poteva venire a chiedere il permesso di frequentarmi… e lo fece.
Questa è stata la mia festa da ballo in casa di amici.
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